Legislatura 16 Atto di Sindacato Ispettivo n° 1-00413


Atto n. 1-00413

Pubblicato il 13 aprile 2011
Seduta n. 539

DE TONI , BELISARIO , GIAMBRONE , CAFORIO , CARLINO , DI NARDO , MASCITELLI , PEDICA , LANNUTTI

Il Senato,

premesso che:

risultano censite nel nostro Paese 28.000 concessioni rilasciate per finalità turistico-ricreative con strutture «amovibili» e circa 1.000 pertinenze demaniali marittime con manufatti «inamovibili» di proprietà dello Stato;

le imprese che operano sul demanio marittimo (alberghi, campeggi, ristoranti, stabilimenti balneari, imprese nautiche, eccetera) si trovano attualmente a dover affrontare, oltre all'incertezza economica per il ciclo sfavorevole, anche e soprattutto l'incertezza normativa che riguarda la loro operatività e la loro stessa sopravvivenza. Le imprese che hanno dato vita al modello italiano di balneazione attrezzata, fondamentale punto di forza della nostra competitività nel mercato internazionale delle vacanze, ad oggi restano "aggrappate" alla proroga disposta dall'art. 1, comma 18, del decreto-legge n. 194 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 25 del 2010 (cosiddetto decreto milleproroghe). Il rischio concreto è la fine di un sistema di impresa unico ed esclusivo in Europa e nel mondo. È di tutta evidenza quale gravissimo danno si creerebbe per l'economia del Paese con la brutale "scomparsa" di 30.000 piccoli imprenditori e delle relative famiglie. In altri termini, un vero e proprio problema sociale;

il 29 gennaio 2009 la Commissione europea ha inviato all'Italia una lettera di messa in mora (procedura di infrazione 2008/4908), con riferimento ad alcune norme nazionali e regionali che sollevano questioni di compatibilità con il diritto comunitario e, in particolare, con l'art. 43 del Trattato che istituisce la Comunità europea, relativo alla libertà di stabilimento. Tali norme, che secondo la Commissione prevedono una preferenza per il concessionario uscente nell'ambito della procedura di attribuzione delle concessioni del demanio pubblico marittimo, sono: a) il codice della navigazione di cui al regio decreto n. 327 del 1942, e successive modifiche, che, all'art. 37, comma 2, stabilisce che per il rilascio di nuove concessioni demaniali marittime per attività turistico-ricreative, sia data preferenza alle richieste che comportano attrezzature non fisse, amovibili, nonché, in caso di rinnovo, sia data preferenza, rispetto alle nuove, alle concessioni già rilasciate precedentemente; b) la legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 13 novembre 2006, n. 22, che all'art. 9, comma 4, privilegia tra i criteri preposti alla selezione delle offerte per l'utilizzazione delle concessioni, le ragioni di preferenza in favore del precedente concessionario;

la Commissione ha giudicato tali norme discriminatorie sia per le imprese a scopo di lucro sia per gli enti che non operano a scopo di lucro, provenienti da altri Stati membri, che si trovano nella condizione di essere ostacolati dall'associazione concessionaria uscente cui viene accordata la preferenza. Il 21 gennaio 2010, il Governo ha notificato alla Commissione il testo del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, volto a modificare le disposizioni del codice della navigazione oggetto dei rilievi della Commissione. Il decreto-legge, all'art. 1, comma 18, ha eliminato, di fatto, il diritto di insistenza di cui al comma 2 dell'art. 37 del codice della navigazione, ma ha previsto, allo stesso tempo, per le concessioni dei beni demaniali marittimi con finalità turistico-ricreative che "il termine di durata delle concessioni in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto e in scadenza entro il 31 dicembre 2015 è prorogato fino a tale data scadenza";

la Commissione ha notato alcune discrepanze tra il testo del decreto-legge n. 194 del 2009 e quello della rispettiva legge di conversione la quale, in particolare, al sopra citato articolo 1, comma 18, reca un rinvio - che non era previsto nel decreto-legge n. 194 del 2009 - all'articolo 01, comma 2, del decreto-legge 5 ottobre, 1993, n. 400;

la Commissione ha ritenuto che tale rinvio alle norme precedentemente richiamate, che stabiliscono il rinnovo automatico, di sei anni in sei anni, per le concessioni che giungono a scadenza, privi di effetto il decreto-legge n. 194 del 2009, che, eliminando la preferenza in favore del concessionario uscente nell'ambito della procedura di attribuzione delle concessioni, era inteso ad adeguare la normativa italiana a quella dell'Unione europea. La Commissione ha ribadito che le disposizioni italiane sono palesemente contrarie alla normativa dell'Unione, e in particolare per quanto riguarda:

1) l'articolo 12 della direttiva 2006/123/CE sui servizi nel mercato interno (cosiddetta direttiva Bolkenstein) che prevede una procedura di selezione imparziale e trasparente, con un'adeguata pubblicità sul suo avvio, svolgimento e completamento, nel caso in cui il numero delle autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitata causa della scarsezza delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili. Il paragrafo 2 dell'articolo 12, inoltre, vieta il rinnovo automatico delle autorizzazioni nonché eventuali altri vantaggi al prestatore uscente. La Commissione ritiene che le concessioni di beni pubblici marittimi oggetto della procedura di infrazione costituiscano autorizzazioni il cui numero è limitato ai sensi dell'articolo 12 in esame; pertanto l'articolo 01, comma 2, del decreto-legge n. 400 del 1993, viola il citato articolo 12 laddove favorisce l'attribuzione di concessioni marittime a concessionari già titolari di una concessione e quindi già stabiliti in Italia, attribuendo un privilegio ai prestatori uscenti per i quali viene rinnovata la concessione senza applicare una procedura imparziale o trasparente. Le norme italiane, di conseguenza, dissuadono o addirittura impediscono ad altre imprese di candidarsi e offrire servizi più efficienti per le nuove concessioni;

2) l'articolo 49 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea che vieta le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro. In particolare, le persone giuridiche devono poter esercitare tale libertà senza essere soggette all'applicazione di norme nazionali che non rispettano il principio della parità di trattamento. A tale riguardo la Commissione si richiama alla giurisprudenza della Corte di giustizia la quale stabilisce che, conformemente al principio della parità di trattamento, sono vietate non soltanto le discriminazioni palesi in base alla cittadinanza, o alla sede per quanto riguarda le società, ma anche qualsiasi discriminazione dissimulata che, pur fondandosi su altri criteri di distinzione, produca lo stesso effetto. La Corte di giustizia ha inoltre sottolineato l'incompatibilità delle norme nazionali che rendono più difficile l'accesso al mercato di operatori provenienti dagli altri Stati membri. A tale proposito la Commissione ha deciso che il rinnovo automatico delle concessioni marittime a favore dell'operatore uscente, previsto dalla normativa italiana, sia contrario al principio della libertà di stabilimento di cui all'articolo 49 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e che a tale fattispecie non si possano applicare le deroghe previste dagli articoli 51 e 52 del medesimo Trattato (attività che partecipano all'esercizio di pubblici poteri, motivi di ordine pubblico, sicurezza pubblica e sanità pubblica);

la Commissione ha osservato, infine, che il combinato disposto dell'articolo 1, comma 18, del decreto-legge n. 194 del 2009, e dell'articolo 01, comma 2, del decreto-legge n. 400 del 1993, oltre a rimettere in discussione gli effetti derivanti dall'abrogazione dell'articolo 37, comma 2, secondo periodo, del codice della navigazione al fine di aprire il mercato delle concessioni senza discriminazioni e senza differenziazioni a seconda della loro durata, crea un quadro giuridico ambiguo per gli operatori economici in quanto il rinnovo automatico sembra essere previsto solo per le concessioni della durata di sei anni e che altri tipi di concessioni, invece, siano sottoposte ad un regime giuridico diverso. A tale proposito la Commissione ha ricordato che, conformemente al principio della certezza del diritto, le norme giuridiche devono essere chiare, precise e prevedibili nei loro effetti;

alla luce delle suddette considerazioni la Commissione, con provvedimento successivo (messa in mora complementare 2010/2734 del 5 maggio 2010), ha preso atto delle modifiche apportate alla normativa dallo Stato italiano, illustrando contemporaneamente ulteriori profili di illegittimità delle disposizioni censurate;

considerato che:

allo stato attuale pare più che evidente che, sia a livello nazionale che regionale, si faccia fatica a trovare soluzioni per risolvere la problematica indicata;

non pare, infatti, una soluzione la proroga delle concessioni al 2015. Basti citare il precipitato cautelare del TAR Sardegna (ordinanza n. 473 del 2010), a giudizio del quale "va disapplicato l'art. 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, (...) il quale non appare coerente con i principi comunitari in materia di trasparenza, non discriminazione, libertà di stabilimento e libera prestazione dei servizi, in quanto idoneo a sottrarre dal mercato beni produttivi al di fuori di ogni procedimento concorsuale", per rendersi conto che i tempi per l'approvazione di una soluzione normativa seria e certa stanno scadendo ancor prima di quanto la legge stessa avesse ritenuto di poter stabilire;

tali misure necessitano dunque di un ulteriore intervento legislativo - così come previsto nel provvedimento di legge comunitaria per il 2010 - al fine di conseguire l'obiettivo dell'archiviazione della procedura d'infrazione, senza comunque allontanare la paralisi degli investimenti;

va altresì segnalato che ai sensi dell'art. 4 del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85 (cosiddetto federalismo demaniale), il regime giuridico dei beni trasferiti appartenenti al demanio marittimo rimane quello dettato per i beni demaniali dal codice civile e della navigazione nonché alla disciplina di tutela e salvaguardia dettata dal medesimo codice, dal codice della navigazione, dalle leggi regionali e statali e dalle norme comunitarie di settore, con particolare riguardo a quelle di tutela della concorrenza. Tali beni pertanto rimangono, anche dopo il trasferimento, ai sensi dell'art. 823 del codice civile, inalienabili (con la conseguenza che qualsiasi atto di disposizione è nullo), non usucapibili, insuscettibili di espropriazione forzata; i medesimi beni non possono formare oggetto di diritti in favore di terzi se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano;

da qui, l'urgenza di costruire un nuovo quadro normativo per l'intero settore, richiesto, in data 7 ottobre 2010, dalla Conferenza delle Regioni nel documento preparatorio alla IV Conferenza nazionale sul turismo, che sia in grado di assicurare quelle certezze di durata e di sopravvivenza che rappresentano la condizione indispensabile per favorire gli investimenti e la crescita delle imprese interessate, che, con la loro peculiarità tutta italiana, hanno fatto la storia e determinato il successo del turismo balneare del nostro Paese;

rilevato che alla luce delle problematiche precedentemente segnalate, le Commissioni riunite 8ª e 10ª del Senato hanno ritenuto opportuno avviare un'apposita indagine conoscitiva sulle concessioni demaniali ad uso turistico-ricreativo, al fine di giungere alla definizione di proposte risolutive per il settore,

impegna il Governo:

in ragione dell'esistenza di un rilevante settore di mercato delle concessioni di demanio marittimo e partendo proprio dalla specificità del nostro settore turistico-balneare, ad attivarsi presso le competenti sedi istituzionali europee al fine di concordare su un impianto normativo nazionale nel settore delle concessioni marittime balneari, derogatorio a quello comunitario contenuto nella direttiva 123/2006/CE, ma rispettoso dei principi generali dello stesso ordinamento comunitario;

a prevedere una normativa-quadro nazionale che garantisca uniformità di legislazione regionale su tutto il territorio e che fornisca criteri e modalità di affidamento delle concessioni demaniali marittime certi e non sovrapponibili, istituendo un tavolo di concertazione con le Regioni e i rappresentanti delle organizzazioni del settore;

a valutare ogni più opportuna iniziativa al fine di non penalizzare il settore turistico-balneare e i relativi livelli occupazionali.